San Vito Romano è un comune di 3.235 abitanti della provincia di Roma.
San Vito Romano si estende sulle propaggini orientali dei Monti Prenestini, in posizione dominante sulla valle del Sacco. Nell’antichità l’area era abitata dalla popolazione italica degli Equi, il cui territorio arriva lungo la valle dell’Aniene, fino all’altezza di Varia (odierna Vicovaro). Non ci sono prove archeologiche che possano legare l’odierno abitato di San Vito alla antica città di Vitellia, menzionata da cenni storici antichi come Livio ( LIV. II. 39; V, 29), Plinio il Vecchio (Plin. Nat. Hist., III, 5, 69), Svetonio (SVETONIO, Vitell. 1, 2) e Stefano di Bisanzio (STEFANO DI BISANZIO, Ethnicorum quae supersunt, Berolini 1848, t, I, p.171 s.v. Bitella).
Anche Svetonio parla della gens Vitellia, che legò la propria origine ad una colonia dello stesso nome, di cui i Vitelli avevano voluto assumersi, con le sole forze della propria gente, il compito della difesa contro gli Equi. Sempre Livio ricorda Vitellia come colonia romana espugnata dagli Equi e posta nel loro territorio in posizione dominante (Livio parla appunto di una fortezza espugnata dagli Equi con la connivenza di traditori). Possiamo quindi pensare ad un oppidum arroccato su uno sperone roccioso. L’identificazione di questa antica città, che doveva trovarsi nell’area, non è ancora certa: alcuni studiosi hanno proposto l’abitato di Bellegra che possiede anche un circuito murario in opera poligonale, ma la questione, in attesa di prove più puntuali, è ancora del tutto aperta.
Nel VI sec. d.C. il territorio fu sotto la dominazione longobarda come ricordano alcuni toponimi chiamati “ La Corte”, da curtis termine longobardo per indicare il sistema abitativo tipico di età longobarda, insieme abitazione, costruzione rurale e centro fortificato. Nel IX sec d.C. il territorio fu distrutto dai Saraceni che invasero le coste e l’entroterra laziale sino al territorio sublacense. Gli scampati alle scorrerie si rifugiarono sul monte dove oggi sorge San Vito, sfruttando come rifugio le cavità naturali presenti nell’area. Qui con l’aiuto dei monaci benedettini, gli abitanti ricostruirono il centro abitato che ruotava intorno ad una fortezza che si erigeva sulla sommità della rupe: il nome di Castrum Sancti Viti compare in un documento della curia prenestina e si deve probabilmente alla scelta operata dai monaci benedettini.
San Vito fu feudo dei monaci benedettini fino all’anno 1180 quando subentrarono i Colonna, i quali impegnati in altre lotte con il papato, munirono il castello di nuove opere di fortificazione circondandolo con una strada detta “La Difesa”, con funzioni di guardia, lungo la quale circolavano sentinelle armate. Sono conservate due porte relative a questo periodo: “Porta dell’Ospedale” e “Porta del Ponte”, per il ponte levatoio che permetteva l’attraversamento del canalone dei “Cavoni” e l’ingresso al paese.
Le porte sono realizzate con archi a sesto acuto, costituiti da blocchi con legante di calce bianca. L’altra porta di San Vito detta “Porta Borgo” si trova a pochi metri da via delle Logge, la zona più elevata del paese sino alla costruzione del Borgo Mario Theodoli nel 1649 di cui si parlerà in seguito. La via chiusa su un lato delle case adiacenti il Castello Theodoli, presenta sul lato opposto degli archi panoramici dai quali è possibile vedere una parte del centro storico e il territorio limitrofo. Dalla via si accede alla piazza della chiesa di Santa Maria de Arce dove si trova l’ingresso principale del Castello Theodoli. Il borgo che si costruì intorno al castello risale al XIV sec..